Abramo: “È stato un disastro, ma si è evitata la tragedia”. Salvo gran parte del patrimonio arboreo foto

Su 280 ettari di bosco, distrutto solo una piccola parte, la più appariscente. Da novembre l’opera di ricostruzione. Ma ci vorranno vent’anni per riavere l’ombra. Non più dei pini, ma di querce e sughere

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    Il più agile di tutti era proprio lui. Il sindaco Sergio Abramo alla testa del nutrito drappello di giornalisti, cameramen, agronomi e forestali ha dato sfoggio di buona resistenza alla calura e allo sforzo fisico nel condurre il sopraluogo nella pineta di Siano per un’ulteriore ricognizione sullo stato dei luoghi dopo gli incendi devastanti della scorsa settimana e per un’anticipazione del necessario piano di recupero. Le auto sono state doverosamente lasciate fuori dai viali del parco, e si è intrapresa la lunga inerpicata che porta dall’ingresso alla sommità del monte dove inizia la discesa verso l’Orto botanico e il laghetto dell’Oasi della Pace. Per la cronaca, mentre il sindaco conduceva con passo spedito che a qualcuno ha ricordato Alberto Sordi nel Medico della mutua, i giornalisti, gente più di scrivania che di azione, arrancavano dietro speranzosi di un atto di clemenza del capo cordata. Nessuna pietà, invece. “È bene che vediate con i vostri occhi – si è giustificato Abramo – perché così la cittadinanza capirà che quel che dirò risponde al vero”. E si è fermato solo giù giù, alla casina di Calabria Verde, con vista sul laghetto.

    L’appuntamento era per metà mattinata all’ingresso principale della pineta, proprio dove l’impatto con la rovina è più appariscente e deprimente, dove un piccolo cartello vergato a mano appeso con fil di ferro su quel che rimane del parco giochi implora “Rivogliamo il nostro parco”. Abramo su questo punto è stato in qualche modo rassicurante. Perché non solo le opere di ricostruzione del manto arboreo inizieranno non appena sarà possibile farlo, dove la possibilità non dipende dalla volontà o dalle risorse finanziarie disponibili, ma dal naturale ciclo stagionale al quale sono sottoposte le operazioni di piantumazione e rimboschimento, ma anche perché la conta dei danni inferti al patrimonio boschivo è in qualche misura meno catastrofica di quanto si pensasse nelle ore calde del disastro. Per dirla con il sindaco: “È stato un disastro, ma si è evitata la tragedia”. Infatti, sui 280 ettari di superficie boschiva dell’intero parco “Li Comuni”, l’area distrutta irrimediabilmente dalle fiamme si riduce di molto. Le valutazioni oscillano tra i 10 ettari secondo il sindaco, qualcosa in più secondo i tecnici. Dove le fiamme hanno restituito il paesaggio spettrale degli aculei che si elevano dal suolo annichilito occorrerà intervenire dapprima con l’abbattimento raso terra dei tronchi, e poi iniziare con la piantumazione. Le condizioni ideali per mettere a dimora le nuove piante si verificheranno a novembre, hanno convenuto i due esperti che hanno dato supporto scientifico al sopralluogo, il presidente provinciale degli agronomi Antonio Celi e il suo collega catanzarese Alberto Carpino. In più, ad accompagnare sindaco e giornalisti nell’escursione, il direttore dei lavori di Calabria Verde Pino Caputo e il capocantiere Saverio Scalise. Con il sindaco anche il presidente del Consiglio comunale Marco Polimeni, i consiglieri Antonio Triffiletti ed Eugenio Riccio, più tardi raggiunti dall’assessore con delega ai parchi e giardini Lea Concolino.

    sopralluogo pineta

    La lunga camminata è stata, in ogni modo, esaustiva. Non tanto perché i giornalisti sono giunti esausti alla meta, quanto perché si sono potute apprendere molte cose utili. Innanzitutto sull’origine e lo svilupparsi dei roghi. Non dovuti sicuramente a cause naturali. Bensì all’opera scientificamente artigianali di gente che sa quando e come innescare gli incendi, a favore di vento e in contemporanea su più punti. Certo, hanno contribuito le condizioni climatiche che hanno favorito il rapido dilagare delle fiamme, ma l’innesco c’è stato, da mano umana. Forse qualcuno di natura colposa, fiamme di pulizia sfuggite al controllo, ma nella maggior parte di chiara origine dolosa. I motivi possono spaziare dai disturbi mentali a suggestioni economiche e speculative, ma non è questo il compito degli intervenuti alla ricognizione. Abramo ha riferito di avere già percorso in auto in lungo e in largo tutta l’area della pineta e dell’intero bosco, e di avere tirato un sospiro di sollievo nel constatare che è indenne tutta la parte interna e più “pregiata”, che è sovrabbondante, e che va a costituire il succedersi dei sentieri e l’oasi naturalistica. Anch’egli nel sopraggiungere sul posto lo scorso mercoledì al limite consentito dal muro di fuoco era stato assalito dallo sconforto, dal senso di impotenza e dalle più nere previsioni. Oggi si può smentire in parte l’assunto circolato nelle prime ore e successivamente amplificato sui social, di una pineta distrutta. Qual che è andato irrimediabilmente perduta, salvo ripristino, è la parte più visibile perché contigua alla strada di scorrimento e che ingloba proprio la porzione di pineta più frequentata dai catanzaresi perché immediatamente raggiungibile: l’ingresso in pietra, il parco giochi, la fontana, il viale che sale oltre l’ingresso, tutta la parte che da un versante scende verso Janò e dall’altra verso Cono e il carcere. Lì i danni sono seri, anche alle proprietà private, per i quali il sindaco attende le domande di ristoro che saranno valutate e scrutinate nell’immediato. Non è questione di fondi, in quanto il governo ha già dato la sua disponibilità. Stesso discorso per il Museo delle Carrozze, investito dalle fiamme e andato notevolmente danneggiato. Ciò che Abramo non può al momento assicurare è il deposito delle carrozze storiche in un immobile comunale che al momento non c’è nella capienza necessaria, che è all’incirca di mille metri quadrati.

    Se le cose sono evolute non in modo definitivamente tragico, è anche merito della prevenzione

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    Altro discorso da fare, e che il sindaco si riserva di affrontare con Calabria Verde e la Regione quando passata l’emergenza occorrerà mettere dei punti fermi sulla prevenzione, sull’impegno in mezzi e risorse umane che Calabria Verde deve impiegare in manutenzione e gestione, sulla composizione delle sale operative nelle strutture d’emergenza della Regione, dove occorre ci siano esperti che sappiano valutare le priorità degli interventi con i mezzi aerei: “Voglio sapere quale è stata la priorità quel giorno. Una cosa è l’incendio di una macchia mediterranea, altra il fuoco che devasta un parco monumentale”. La priorità adesso è ricostruire. Non c’è molto tempo, se si considera che, notoriamente, agosto è capo d’inverno. Novembre si può dire arrivato, dice il sindaco con dire da vecchio saggio. C’è appena il tempo per fare una stima della superficie da rimboscare, trovare le piantine, ce ne vogliono 1500 per mille metri quadrati, fare il progetto. E già, il progetto. Qui intervengono gli agronomi. Secondo il presidente Celi, si può anche pensare a un intervento misto, che preveda le stesse piante andate distrutte, conifere aghiformi, insieme a vegetazione più autoctona. Più drastico Alberto Carpino. Per lui i pini, immessi sul territorio più di cinquant’anni fa dall’Opera Sila, sono specie aliene a quell’altitudine. Perciò, sono in equilibrio precario. Come gli eucalipti, sono ricchi di oli essenziali e bruciano tanto facilmente quanto facilmente crescono. L’incendio per noi agronomi era prevedibile e previsto. Meglio affidarsi a specie autoctone quercine e latifoglie. Quello che adesso chiamiamo pineta tra vent’anni sarà probabilmente querceto o sughereto”. Carpino poi, lancia un caveat sulle modalità di svolgimento della ricostruzione: “Qui occorre la massima trasparenza. La prima cosa da fare è rimuovere gli alberi distrutti. Qui c’è diverso materiale che andrà alle biomasse. Anche da bruciato questo bosco ha il suo alto valore economico che potrebbe suscitare interessi “strani. L’amministrazione comunale è bene che assicuri procedure trasparenti”.

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    Se le cose sono evolute non in modo definitivamente tragico, è anche merito della prevenzione attuata da Calabria Verde. A sostenerlo è il direttore dei lavori, alla pineta e in altre aree della provincia, Pino Caputo: Non è vero che Calabria Verde è stata assente da Siano. Abbiamo eseguito negli ultimi mesi tutte le necessarie opere di prevenzione. Basta osservare come è pulito il sottobosco, e come sono nette le fasce tagliafuoco che abbiamo fatto a giugno, nonostante i pochi mezzi e il poco personale disponibile. Fino a giugno hanno fatto dato manforte le squadre che operano a Taverna e a Sersale. Poi ci siamo spostati in Sila. Ma qui, a Siano, c’è sempre un servizio di guardiania che sorveglia e avverte in caso di pericoli. Purtroppo, quando c’è l’opera combinata dei piromani e delle condizioni meteo, è facile che la situazione sfugga di mano. Da mercoledì a venerdì, complice il vento, il nostro nemico principale era il fuoco di chioma, che passa da una cima d’albero all’altra. E su questo, le fasce tagliafuoco non servono”.

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