Salvi i precari del Pugliese dopo una ‘mattinata di passione’

Si è dimesso Mantella, Prejanò dovrà gestire la 'coda' dell'anno con il mantenimento dei lavoratori fino al 31 dicembre 

Più informazioni su


     di Lello Nisticò

    Pare essere arrivata alla conclusione la vicenda dei precari dell’Ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro che nelle ultime ore aveva raggiunto punte di estrema tensione, come raccontato dalla cronaca live di questo giornale. Dopo l’occupazione della direzione dell’azienda ospedaliera al Madonna dei Cieli, le minacce di atti insani da parte degli occupanti, i litri di benzina sparsi per le stanze, l’accorrere di vigli del fuoco e di forze dell’ordine, il sopraggiungere di sindaco Abramo e di generale Cotticelli, alla fine, poco dopo le 14 si è arrivati all’accordo. Il direttore generale ff Antonio Mantella si è dimesso, o è stato indotto a dimettersi non è ben chiaro, dall’incarico. Il generale Cotticelli ha nominato sul campo il dottor Vittorio Prejanò soggetto attuatore “per l’adozione di un provvedimento amministrativo che consenta il mantenimento in servizio sino al 31/12/2’019 del personale precario ancora in servizio e la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo determinato per un periodo di due mesi del personale già cessato dal servizio a far data del 30-08-2019”. Un semplice foglio formato a4 vergato a mano e firmato dai presenti al tavolo: il sindaco Sergio Abramo, il commissario straordinario generale Saverio Cotticelli, il dottore Vittorio Prejanò, il rappresentante dell’Usb Antonio Jiritano, gli avvocati per procura dei lavoratori precari Gianmichele Bosco, Franco Janfer Castelli e Alessandra Lazzaro.

    Questo accordo è il preludio al compimento dell’intero percorso di stabilizzazione che ha ora una tappa importante a Roma, tra ministero della Sanità e aule parlamentari, per arrivare a una disposizione legislativa che elimini incertezze e dubbi residui. Soddisfatti i lavoratori al termine della mattinata di passione che ha tenuto con il fiato sospeso mezza città e tutto l’ospedale. Contenti tutti, naturalmente, per l’esito positivo della vertenza. Che non esaurisce naturalmente il più generale disagio della dotazione organica negli ospedali e nelle aziende sanitarie provinciali. Con l’aggravio per i decisori politici di spiegare l’eccezionalità della soluzione trovata che non può costituire un precedente per le innumerevoli vertenze attualmente sul tappeto. A bocce ferme, si può senz’altro definire grave quel che è accaduto alla direzione generale dell’azienda sanitaria, un luogo che dovrebbe essere tra i più deputati a infondere calma e sicurezza sociale e invece d’improvviso trasformato in un nodo di estrema incertezza e tensione.

    È grave non solo per ciò che è effettivamente successo, con lavoratori licenziati ed esasperati che occupano, interrompono un pubblico servizio, minacciano di gettarsi nel vuoto, cospargono di benzina i pavimenti, provocano l’arrivo di vigili del fuoco e di forze dell’ordine, procurano allarme e danneggiano il patrimonio pubblico. Insomma, uniscono all’azione sindacale un sovrappiù di gravami che sconfinano nel penale. Per cui la generale solidarietà al dramma professionale e umano verso infermieri e operatori sanitari privati del lavoro è andata a infrangersi al cospetto di azioni che sono sembrate sfuggire loro di mano, in questo consigliati probabilmente male. Ma è grave soprattutto per tutto ciò che precede e di cui la nota dell’Usb che ha accompagnato l’eclatante azione dei precari dava uno spaccato inquietante. Se è vera la ricostruzione che l’Unione sindacale di base ha fornito alla pubblica opinione con il documento diramato nella mattinata, i precari sarebbero stati protagonisti di una commedia dall’esito grottesco ma dal sapore amaro. Nel documento, intitolato sinistramente :”O il carcere di Siano oppure morire di inedia”, si narra che lunedì dall’ufficio del sindaco i lavoratori sarebbero stati invitati a portarsi nell’ufficio del direttore facente funzioni dell’azienda, dopo un colloquio telefonico tra i due pubblici ufficiali, per «firmare la prosecuzione del lavoro fino al 31 dicembre 2019».

    Giunti lì speranzosi, i precari dapprima non hanno trovato il direttore, che in seguito avrebbe rifiutato di firmare. Ci sarebbe poi stata un’ulteriore assenso scritto da parte del direttore generale del Dipartimento regionale che avrebbe autorizzato il direttore ff alla firma. Anche questo passaggio è rimato infruttuoso. Da qui l’esasperazione e il risentimento degli ex lavoratori, sempre secondo il documento dell’Usb che termina, ancora più sinistramente con l’alternativa: «O in carcere oppure morti». Da noi raggiunto, il sindaco Abramo aveva parzialmente corretto la ricostruzione. I lavoratori, dopo il colloquio nel suo ufficio, avrebbero dovuto accordarsi con la direzione per un accordo di conciliazione secondo quanto consente l’articolo 411 cpc e non per la firma della prosecuzione. Sono cose diverse e che contemplano tempi differenti e conseguenti. Al di là delle ricostruzioni, quello che non è certamente condivisibile è questa sorta di gioco a rimpiattino che era diventata la vicenda, sia detto con il massimo rispetto e chiedendo perdono per il termine forse irriverente. C’è chi cercava di stanare e chi si nascondeva, e chi veniva individuato come il reprobo a sua volta alla ricerca dell’altro, a turno, senza però arrivare al momento fatidico del salvataggio collettivo. Ora sembra essersi tutto risolto. Di sicuro ci sono le dimissioni dall’incarico dell’avvocato Antonio Mantella. In attesa di spiegazioni, facoltative ma opportune.

    Più informazioni su