Il Commissario di Strada e il Bertolaso nella manica

Chi propone il primo accosta il sistema sanitario calabrese a uno scenario di guerra, chi il secondo a una ricostruzione. In entrambi i casi sembra esserci l'attesa di un Messia

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    Esportare la democrazia e imporla a Paesi non avvezzi a maneggiarla è l’errore capitale del mondo occidentale, oltre che il grande peccato di presunzione nell’intervenire sugli scenari internazionali di crisi negli ultimi trent’anni, dalla prima guerra del Golfo in poi.
    La via maestra alla democrazia sembrerebbe l’autodeterminazione dei popoli. A priori processo molto più lungo e difficile del primo, e di non garantito successo.
    Il commissariamento della Sanità in Calabria si avvicina concettualmente al primo modello di intervento. Al posto della Grande Potenza Mondiale c’è il Secondo Governo Conte. Il Servizio Sanitario Regionale, figlio plurigemellare di quello che fu il miglior Servizio sanitario nazionale, è irrimediabilmente sinistrato, o perso nelle macerie. Non può contare sulle sue esigue e autofagiche forze, come un nucleo di cellule cancerose che gonfiano se stesse distruggendo l’organismo di cui si nutrono. Occorre pertanto apportare rimedi dall’esterno, uomini e mezzi che non soffrano di reverenze verso questo o quel notabile politico, burocratico o professionale, che non si lascino fuorviare dalle cattive tradizioni, che non si lascino imbrigliare dalle prevedibili rivendicazioni localistiche: medico pietoso fa piaga purulenta.

    Secondo quanto va emergendo da più fonti, convincendo anche i più irriducibili sostenitori dell’autonomia regionale dovunque e comunque esercitata, è questo il quadro più rispondente alla realtà calabrese: un sistema sanitario troppo defedato, indebitato, malmesso per rimettersi in sesto contando solo sulle sue forze. È quanto suggeriscono la collocazione d’ufficio e d’imperio in Zona Rossa e il prolungamento simultaneo del commissariamento della Calabria da parte dei decisori nazionali.

    Che questi provvedimenti, al di là delle prese di posizione pregiudizialmente contrarie e dai connotati fortemente ideologici, siano imposte dalla realtà dei fatti è comprovato dal repentino spostamento della polarizzazione politica verso l’individuazione di personalità che potrebbero meglio svolgere le funzioni di “Supercommissario”, al posto o a fianco del già designato Giuseppe Zuccatelli: a sinistra si invoca il fondatore di Emergency, Gino Strada: a destra si reclama il già capo della Protezione civile, Guido Bertolaso. Due nomi che suggeriscono un diverso approccio culturale, oltre che evidenziare uno scoperto sottinteso politico.

    Chi propone Strada accosta il sistema sanitario calabrese a uno scenario di guerra, e si rivolge al fondatore di Emergency come la personalità più adatta allo scopo, che sa adattarsi alle situazioni più precarie e raggiunge buoni risultati nelle condizioni più difficili. Chi ha in mente Bertolaso pensa a una sorta di ricostruzione post terremoto, in cui contemporaneamente occorre mettere al sicuro i sommersi e assicurare migliori condizioni ai salvati.

    In ambedue i casi è evidente e doloroso il pagamento di una tassa culturale antica: l’attesa messianica di un demiurgo che venga, veda e faccia.

    Intanto chi si appresta a varcare letteralmente il Rubicone, che lambisce proprio la natia Cesena, è il commissario designato Zuccatelli. Non ha scritto il De Bello Gallico, ma in ogni caso pare esperto in cose (intime) francesi.

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