È vera spoliazione per Catanzaro? L’ineluttabile erosione di funzioni e di eventi simbolici nella città “Capitale” della Calabria

Le opposte valutazioni di Nicola Fiorita e del Consiglio degli avvocati presieduto da Antonello Talerico tingono di politica una decisone tecnicamente neutra

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    Ci risiamo. Anche sull’apparente neutralità della decisione tecnicamente motivata e dichiaratamente contingente, contenuta nel decreto del presidente della Corte d’Appello di Catanzaro che ha convocato l’inaugurazione dell’anno giudiziario nell’aula bunker di Lamezia Terme, si sono riaccese le ricorrenti doglianze di chi ne prende lo spunto per rinverdire la supposta o veritiera spoliazione di funzioni e prerogative della città ancora nominalmente capoluogo della Calabria.

    ll dilemma, se il dolersi sia giustificato o meno, come vedremo è – mai come in questo caso – sub iudice. C’è un vocabolo nel dialetto catanzarese di probabile derivazione araba che non ha pari nella lingua italiana se non a costo di più lunghe perifrasi, che a questo punto renderebbe bene l’avvio del necessario scarto del discorso. È l’avverbio “abbaca” o “abaca”, che sta per “è del tutto inutile”. Si sarebbe detto nella piazza della vecchia Catanzaro: “abbaca ma fanno leggi su Catanzaro capitale della Calabria, ormai non contiamo più niente”, ampliando con riflesso immediato il quadro al confronto con altre realtà urbane di cui si magnificano le sorti, invero tenendo in poco conto le risultanze statistiche che consegnano tutti i centri dal Pollino in giù agli ultimi posti della vivibilità cittadina.

    Lasciamo volutamente fuori dalle polemiche la decisone assunta dal presidente Domenico Introcaso, per come è gerarchicamente motivata partendo dall’ordinamento giudiziario e dai decreti legge emergenziali, finendo alla conclusione che, nel convocare l’assemblea distrettuale in forma pubblica per sabato 22 alle 10,30, ne fissa le ragioni squisitamente tecniche: “stante le caratteristiche e la inadeguatezza funzionale dell’aula magna in Corte, possano essere pienamente perseguite mediante l’utilizzo al fine dell’aula distrettuale della Corte di Appello di Catanzaro, realizzata in località Papa Giovanni, complesso Terina, in Lamezia Terme, di mq. 3.300, dotata di postazioni fisse vincolate a distanza di m. 1,20 in tutte le proiezioni dell’occupante, e servita da plurimi, autonomi accessi, con presidi di prevenzione sanitaria in entrata, e capienza in sicurezza “covid” di circa 1.000 compresenti”.

    Ma siamo nell’anno elettorale per Catanzaro, per cui è non solo prevedibile ma anche giusto che su questioni che investono le coordinate istituzionali della città si avanzino opinioni e pareri, da parte di chi si propone alla sua guida. Il primo a manifestare pubblicamente “dubbi e perplessità” in proposito è stato uno dei candidati alla più alta carica amministrativa, dei tre attualmente in lizza il più longevo di disponibilità e l’unico al momento che può contare su una strutturata griglia di appoggi politici, ovvero Nicola Fiorita secondo il quale

    “I valori simbolici sono molto importanti e superano spesso anche le esigenze contingenti. Catanzaro subisce un notevole colpo alla sua immagine di ‘capitale’ calabrese della Giustizia, praticamente la sua funzione giurisdizionale più antica e radicata, la sua principale ‘fabbrica’ anche per il notevole indotto che ha sempre creato. L’asse della Giustizia, complice il Covid e la purtroppo evidente insufficienza logistica del Capoluogo, si è spostato lentamente ma inesorabilmente verso Lamezia Terme, dove si celebra il più importante processo di mafia che si ricordi in Calabria”.

    Il controcanto, abbastanza puntuto tanto da correggere anche nella sostanza quanto sostenuto da Fiorita circa la prossima disponibilità di un’aula bastevolmente capiente nella nuova ala del palazzo di giustizia, è arrivato dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro che, nel definire “assolutamente da condividere” il decreto di Introcaso, sostiene che ciò “non può togliere, ovviamente, alcunché alla storia e al prestigio della sede giudiziaria catanzarese, al di là di ogni vacuo e strumentale campanilismo. Corre anche l’obbligo di puntualizzare come la nuova ala del Palazzo di Giustizia di via Argento (diversamente da come riportato in un articolo di stampa) sia ormai pienamente operativa da diversi mesi (ben prima della pausa estiva) e come, peraltro, all’interno della stessa non vi sia alcuna aula così capiente da poter ospitare l’inaugurazione dell’anno giudiziario”.

    Quell’avverbio in cima al periodo – “ovviamente” – è forse eccessivamente apodittico, poiché vorrebbe fare rientrare nell’ovvio ciò che non è, a giudicare dalle continue polemiche sul tema delle cosiddette spoliazioni a danno di Catanzaro che, se non sono proprio tali, proprio perché vengono di volta in volta giustificate dalle contingenze e dalle ineluttabilità, dalle convenienze economiche e dal gioco del “così o niente”, sono da assimilare all’erosione costiera: lenta, impercettibile ma costante, continua, ineluttabile. Non giova, sia detto per inciso e solo per completezza del quadro, senza volergli dare nessun valore intrinseco se non quello cronachistico, che a capo del Consiglio dell’ordine forense ci sia l’avvocato Antonello Talerico che più volte è stato indicato come in lizza per la carica di sindaco della città per la coalizione di centrodestra.

    Per cui, anche se di sghimbescio, la politica entra dalla finestra nonostante la porta principiale sia sprangata dalle argomentazioni tecniche. Forse sarebbe stato il caso di evitare di tacciare come “vacuo e strumentale campanilismo” l’approccio di chi constata l’erosione suddetta, che esiste, e che non può che non trovare ragione se non nella constatazione “dubbiosa” di Fiorita: “Catanzaro paga, anche in questo caso, la sua fragilità e la sua marginalità”.

    Se proprio si voglia entrare nel merito, in considerazione proprio dell’emergenza epidemiologica, e concordando in pieno con quanto premesso nel decreto, che, nel ricordare il carattere di “udienza pubblica” dell’inaugurazione, vuole ottemperare alle “linee guida per la inaugurazione dell’anno giudiziario 2022 di limitazione delle presenze ai soli ‘protagonisti istituzionali’”, forse si sarebbe potuto arrivare a una riduzione all’osso delle esigenze di rappresentanza a scapito delle mere velleità di presenza, in questa come in molte altre pubbliche manifestazioni rituali, sempre ridondanti. Solo in questo caso, la vecchia aula della Corte d’Appello di Catanzaro avrebbe potuto svolgere degnamente il suo glorioso compito.

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