Zoologhe di un’associazione lametina tra gli esperti del monitoraggio nazionale del lupo

Si è conclusa a fine aprile, con inizio in ottobre, la prima raccolta dati sul lupo realizzata in contemporanea nazionale in maniera sistematica.

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    Si è conclusa a fine aprile, con inizio in ottobre, la prima raccolta dati sul lupo realizzata in contemporanea nazionale in maniera sistematica.

    Le attività sono state effettuate nell’ambito del “Monitoraggio Nazionale del lupo”, svoltosi dalle Alpi alla Calabria per stimarne distribuzione e consistenza in Italia, utilizzando in contemporanea protocolli standardizzati messi a punto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) con incarico del Ministero per l’Ambiente (ora della Transizione Ecologica).

    Per raggiungere l’obiettivo, ISPRA, in collaborazione con Federparchi, ha creato un gruppo di lavoro altamente specializzato, che ha coinvolto zoologi e genetisti, enti territoriali (partendo da Regioni e Parchi Nazionali), i Carabinieri Forestali e una rete di associazioni presenti nei diversi territori.

    Sulle Alpi il coordinamento è stato effettuato dal Progetto Life WolfAlps EU. Il gruppo di 20 zoologi esperti, selezionati in tutta Italia in base al proprio curriculum per coordinare ed effettuare le attività di campo, comprende anche due calabresi, Enza Fava di Pentone, nel catanzarese e Milena Provenzano di Lamezia Terme, zoologhe dell’associazione Ge.Co. di Lamezia Terme, con un incarico arrivato a sugellare un’esperienza decennale nell’ambito della conservazione e gestione della fauna selvatica nel nostro territorio.

    “Per la prima volta è stato usato un metodo sistematico di raccolta dei segni di presenza su scala nazionale – dicono con soddisfazione le zoologhe -, fino ad ora, relativamente alla raccolta dati sulla specie, l’Italia risultava divisa in due parti: le Alpi, con una raccolta dati coordinata effettuata dagli anni ’90, periodo in cui vi è stato il ritorno dei primi branchi; e il resto d’Italia, in cui le indagini sulla specie sono state condotte dai diversi Enti a livello locale o con esperienze interregionali”.

    Delle circa 1000 unità territoriali di dieci chilometri quadrati (celle) distribuite in tutta Italia, le zoologhe calabresi hanno indagato tutte quelle ricadenti nell’intero territorio della Calabria, sia all’interno delle aree protette che al di fuori, e alcune ricadenti in Basilicata, perlustrando percorsi prestabiliti alla ricerca di segni di presenza del lupo e per prelevare campioni allo scopo di effettuare l’indagine genetica. Ciò attuando il metodo del fototrappolaggio e seguendo le tracce su neve.

    Ad affiancarle nelle attività di campo si è attivata una preziosa rete adeguatamente formata, composta dai Carabinieri Forestali, il cui aiuto è stato fondamentale nel periodo di istituzione della zona rossa e dai volontari di associazioni presenti nell’area calabrese e lucana (CAI, WWF, Legambiente, LIPU, AIGAE, Guide ufficiali dei parchi Nazionali). Importante per l’organizzazione delle attività, il supporto fornito dai referenti dell’Ente Regionale e dei Parchi Nazionali e Regionali presenti sul territorio.

    Al lavoro di campo seguirà poi l’elaborazione dei dati raccolti in tutta la penisola, effettuata da un gruppo di ricercatori appositamente creato al fine di ottenere distribuzione e consistenza della popolazione del lupo in Italia.

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