Gettonopoli, dieci consiglieri restituiscono al Comune le somme contestate. Le contraddizioni di una scelta

L'opzione "di praticità" fatta da alcuni che così non affronteranno un eventuale processo e potranno ricandidarsi, comunque contrasta con un concetto etico e politico

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    Sono dieci i consiglieri comunali  di Catanzaro che, ancor prima del 5 agosto, data in cui i legali che li difendono nella vicenda sulle commissioni consiliari hanno ricevuto gli atti con i quali la Procura escludeva il falso e riqualificato il reato di truffa, avevano versato nelle casse del Comune le somme che  venivano loro  contestate come non dovute per l’ attività negli organismi. I dieci consiglieri hanno già ricevuto  la relativa certificazione da parte degli uffici preposti.

    Si punta ad una candidatura “senza macchia e senza peccato”

    Alla data del versamento probabilmente  gli indagati ancora non sapevano che la Procura avrebbe fatto un passo indietro rispetto ai capi di imputazione contestati a dicembre, facendo cadere per tutti  il reato di falso per ciò che concerne la compilazione dei verbali e riqualificando il reato di truffa escludendone l’aggravante. Ma anche questo gesto (che è diverso dal chiedere un’archiviazione per via giudiziaria e affrontare l’eventuale accoglimento o il rigetto) , al pari delle dimissioni di alcuni a gennaio, non fa salvi i principi del diritto, ma rimane finalizzato ad un obiettivo a breve termine, quello probabilmente di una ricandidatura, senza macchia e senza peccato.  Dunque ad un progetto politico spicciolo dell’oggi.

    Legge Severino e concetto di tenuità del reato

    Tutto ciò se fatte salve le probabili interpretazioni della legge Severino, in continua evoluzione, che è antecedente  all’introduzione del concetto di tenuità del reato.

    Quel versamento che implicitamente dice “scusate sono colpevole”

    Aver versato somme contestate ancor prima di chiedere un’archiviazione come previsto dall’ordinamento o, nella peggiore delle ipotesi, aver affrontato  un eventuale dibattimento potrebbe equivalere ad aver “ammesso una colpa”.

    La via d’uscita a due binari, uno per la Procura uno per gli aspiranti candidati

    Una sorta di via di uscita a due binari. Il primo sul quale corre il treno della Procura che nel dispositivo ammette di aver avuto necessità di ulteriori approfondimenti per riqualificare i reati contestati a dicembre, il secondo quello su cui viaggia il convoglio di chi ha pensato che così facendo avrebbe risparmiato in risorse economiche (pensiero legittimo), temporali (visto le lungaggini della giustizia) e può pensare ad una ricandidatura.

    Quel versamento potrà garantire forse una candidatura, ma in quale solco dell’etica politica si inserisce aver ammesso una colpa?

    Ma se da un lato è vero che, verificandosi la peggiore delle ipotesi (solo per i tempi ed i costi, ma in uno Stato di diritto l’unica che garantisce trasparenza)  per gli indagati e cioè quella di un eventuale rinvio a giudizio (ovviamente qualora le richieste di archiviazione, formulate secondo quanto previsto dalla legge a garanzia dell’indagato, fossero state rigettate) , una candidatura sarebbe stata quanto meno complicata, ora in quale solco politico ed etico si inserisce una possibile chiamata al voto da parte di chi ha nei fatti ammesso una colpa?

    Ma anche questo è un interrogativo che la città dovrà porsi prima di scegliere i propri rappresentanti.

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