La teoria dei quanti, la pandemia e la responsabilità individuale

Intervits a Renzo Bonofiglio, medico, ex direttore dell’UOC di Nefrologia e Trapianti dell’AO di Cosenza.

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    La Teoria dei Quanti applicata alla pandemia ed alla politica. É l’analisi di Renzo Bonofiglio, medico, ex direttore dell’UOC di Nefrologia e Trapianti dell’AO di Cosenza.

    La fisica quantistica spiega come le cose si influenzano tra loro «e questa è la migliore descrizione della natura di cui disponiamo oggi» dice Bonofiglio il quale, in quest’intervista, ci espone la sua concezione.

     

    «In premessa devo precisare che io ho semplicemente letto un bellissimo libro dal titolo Helgoland scritto dal fisico Carlo Rovelli e di cui riporto il senso della teoria dei quanti» chiarisce il dottore, che continua: «In questo libro si cerca di spiegare, con un linguaggio quasi divulgativo, cosa è la teoria quantistica. Teoria che è stata ripensata proprio nell’isola di Helgoland che è un’isola sperduta nel Mare del Nord. Io ho cercato di vedere, sulla scorta di quanto spiegato nel libro, se ci potesse essere una relazione tra i quanti e l’attuale pandemia da Covid 19».

     

    Dunque, qual’è la correlazione tra la Teoria dei Quanti e ciò che si sta vivendo in questo momento a causa del Coronavirus?

    «La visione del mondo vista attraverso la teoria dei quanti risulta essere capovolta completamente e ad un mondo fatto di sostanze si sostituisce un mondo fatto di relazioni “che si rispondono tra loro come in un inesauribile gioco degli specchi”. Il mondo che osserviamo è un continuo interagire; è una fitta rete di interazioni. Quindi sono le relazioni a tessere il mondo più che gli oggetti. In fondo la pandemia da Covid che stiamo subendo esiste perché c’è un virus che interagisce con altri sistemi e ci dà l’idea della malattia che avanza inesorabilmente e solo in seguito allo stabilirsi di una relazione tra il virus e gli essere umani che siamo noi: il virus sarebbe un invisibile filamento di RNA senza alcun significato se non intrattenesse delle strette relazioni con le cellule del nostro organismo.  Insomma la Teoria dei Quanti ci spiega cosa voglia dire un’infezione pandemica».

     

    La “relazione” del virus con l’organismo obbliga all’interruzione delle relazioni sociali ed alle conseguenze che stiamo vivendo.

    «Certamente. Una prima banale considerazione che ne scaturisce è quella di interrompere questa perversa “relazione” accettando, nostro malgrado, di sospendere temporaneamente il senso della nostra vita che è appunto fatta di relazioni e di voglia di interagire. Quindi, al di là dei DPCM, delle ordinanze, delle raccomandazioni, esiste una responsabilità individuale che deriva dalla Teoria dei Quanti; la sostanza è vacua (vuota) inerme senza relazioni e pertanto la sostanza del virus è vacuità senza le nostre cellule. Ma il tema della responsabilità apre, naturalmente ad altre considerazioni, specie di natura politica, che mettono al centro quelle scellerate scelte che hanno governato il complicato sistema di relazioni del sistema salute soprattutto in Calabria».

     

    Pertanto è tutta una questione di scelte che, all’atto pratico si traducono come?

    «Ovviamente scelte operate senza sapere che una decisione sbagliata si interseca inesorabilmente e drammaticamente con la vita delle persone e ne modifica lo status, le aspettative e le stesse relazioni individuali. Possiamo forse dire che ognuno di noi  – stante ai quanti – è come se fosse una particella virale che con le sue interazioni  (decisioni, non decisioni, decisioni sbagliate) finisce con l’infettare, nel bene e nel male, la vita ed i comportamenti degli altri. Questo è quello che è successo in questi anni al nostro sistema salute dove decisioni, spesso sbagliate, o assunte in nome di una filosofia del risparmio, hanno azzerato le aspettative dei cittadini. Si è finito con l’estrapolare idee comode senza accorgersi che si stava tagliando il ramo su cui si era seduti. Il mantra è stato il risparmio. Quante volte ho sentito dire: “Ma tu costi troppo e se non rientri, riducendo il consumo dei farmaci etc, ti tagliamo il personale ed i posti letto”».

     

    Quali, secondo lei, i rimedi? 

    «Oggi, tutto può cambiare in un batter d’ali. L’intera organizzazione della salute si potrebbe ribaltare a causa del rischio implosione dell’intero sistema salute, o meglio dell’intero sistema Italia: ospedali ed interi reparti da costruire e rimodulare, sperimentazioni farmacologiche a tempo di record, rivisitazione dei percorsi salutari, uso delle tecnologie informatiche e dell’intelligenza artificiale, immediate assunzioni di medici e infermieri in barba ai blocchi dei turnover di questi anni, ripensamento del ruolo del territorio nella organizzazione sanitaria.

    Tutto ciò è oggi possibile perché la virulenza del Coronavirus deve mettere in fila, nelle nostre teste e soprattutto nelle teste dei politici e dei burocrati, le vere priorità esistenziali, in cui salute e lavoro ne rappresentano i capisaldi fondamentali. Pertanto, sembra arrivato il momento di mettere in campo quella forza delle idee, quel batter d’ali di cui si parlava prima per rivedere, nel nostro prossimo futuro, tutta l’organizzazione del sistema salutare.

    Il punto d’inizio è certamente un sistema sanitario su base nazionale e sottratto al potere delle Regioni che in questi anni, oltre a sancire inefficienze, hanno determinato il più grande processo di diseguaglianza tra cittadini, venendo meno proprio a quei principi costituzionali (art. 3 e art. 32 della Costituzione italiana) dove si declina l’uguaglianza nella cura della persona.

    Il punto di arrivo sarà o dovrebbe essere la liberazione del Sistema Salute dalla politica, ma più in generale la liberazione dalla incompetenza (Cotticelli e non solo, docet). Ma come si può pensare che sia il ruolo a determinare le competenze e non gli uomini a determinare il ruolo, a nobilitarlo attraverso le competenze. Non si può più accettare supinamente che a dirigere qualsiasi segmento del pianeta salute siano persone che, di volta in volta, la politica coopta mentre si pretende dal medico o da qualsiasi altro professionista di dimostrare con percorsi formativi (laurea, specializzazioni etc.) di essere nelle condizioni di poter assumere quelle funzioni. Questo è uno dei capitoli più spinosi che il processo post Covid dovrà affrontare.

    Infine, è necessaria una rivisitazione e una nuova declinazione del ruolo del medico di medicina generale che sappia sfruttare e attivare la medicina di prossimità attraverso percorsi che la telemedicina e l’intelligenza artificiale oggi mettono a disposizione per definire sistemi di vera integrazione ospedale-territorio.

    Nell’immediato si dica almeno la verità e si corra ai ripari senza polemiche. Le rianimazioni in Italia e in Calabria (bene la zona rossa) hanno superato il 40% delle loro capacità di accogliere e quindi il sistema rischia di implodere. Si proceda ad individuare più ospedali Covid attualmente Spoke; si requisiscano alberghi da destinare a pazienti Covid non complicati e si impongano ai medici di medicina generale (creando loro le condizioni per farlo) l’uso di ampie piattaforme informatiche per gestire in remoto (da casa o dagli alberghi) questi cittadini. Si assumano immediatamente medici, biologi, tecnici ed infermieri e si potenzi quello che oggi fa acqua da tutte le parti, come il sistema di tracciabilità, le USCA, gli infermieri di prossimità, gli esperti in epidemiologia per gestire con correttezza i numeri e si avvii la implementazione delle piattaforme informatiche per avviare la telemedicina e le teleassistenza».

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