I “pezzi da novanta del sistema” non vollero Gratteri ministro

I retroscena sulla mancata nomina a Guardasigilli dopo le pressioni sul presidente Napolitano svelati in un libro-intervista dall’ex presidente dell’Anm Luca Palamara

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    “Il mondo della magistratura, tra cui il procuratore Pignatone, ha fatto arrivare al presidente Napolitano un segnale di non gradimento nei confronti di Nicola Gratteri”. E’ Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e ex membro del Csm radiato dall’ordine giudiziario per la prima volta nella storia della magistratura, a raccontare i retroscena sul veto da parte del Quirinale della nomina dell’allora procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri a ministro della Giustizia. Nel libro “Il sistema. Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana”,  edito da Rizzoli, Palamara racconta ad Alessandro Sallusti come “i pezzi da novanta del sistema” delle toghe si siano opposti alla scelta di Matteo Renzi di affidare a Nicola Gratteri l’incarico di guardasigilli, che il magistrato aveva accettato dopo avere ottenuto la garanzia di avere “carta bianca per ribaltare il sistema della giustizia”.

    “La cosa si seppe – spiega Palamara – perché Roma è sì tanto grande ma certe notizie girano veloci come in un borgo. Poteva un «Sistema» che aveva combattuto e vinto la guerra con Berlusconi e le sue armate farsi mettere i piedi in testa da Matteo Renzi e da un collega, molto bravo ma anche molto autonomo, fuori dalle correnti e per di più intenzionato a fare rivoluzioni?”.

    “Non era possibile – spiega Palamara nell’intervista –  Si muovono i pezzi da novanta del «Sistema», il Quirinale è preso d’assalto dai procuratori più importanti – lo stesso Pignatone mi confiderà di aver avuto in quelle ore contatti – e dai capicorrente. Napolitano prende atto che la cosa non si poteva fare. Renzi, che come si vedrà non aveva capito che razza di potere ha la magistratura, testardo, sale al Colle con quel nome.

    Nel libro-intervista si ricostruiscono quelle ore. Era al 21 febbraio 2014. Matteo Renzi sale al Colle per sottoporre al presidente Napolitano la lista dei ministri del suo governo. “E compie il primo, grave e decisivo passo falso, almeno per quanto riguarda la magistratura”, spiega Palamara.  Per oltre due ore Renzi resta chiuso nello studio di Napolitano, “un tempo anomalo per quel tipo di formalità”. “Gratteri, che è il più sveglio di tutti, non vedendo la porta di Napolitano aprirsi nei tempi dovuti capisce al volo, come vi ha raccontato da Floris, cosa sta succedendo”, spiega Palamara, che spiega come successivamente avrà conferma dai diretti interessati “che il mondo della magistratura, tra cui il procuratore Pignatone, ha fatto arrivare al presidente Napolitano un segnale di non gradimento nei confronti di Nicola Gratteri”. Palamara spiega a Sallusti che Renzi con la scelta di Gratteri “sfida il sistema delle correnti e dei grandi procuratori, che da sempre vengono consultati preventivamente dal premier incaricato o da chi per lui per dare il gradimento a un nuovo ministro della Giustizia. Dopo aver asfaltato, o almeno pensato di aver asfaltato il Pd, Renzi prova a fare altrettanto con la magistratura: qui ora comando io. E no, non funziona così”.

    Nicola Gratteri, due anni più tardi, diventerà il “felice procuratore di Catanzaro”.

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