Catanzaro Calcio, Menichini e il suo Catanzaro: “E’ un po’ come tornare a casa”

L'ex giallorosso ora guida dalla panchina il Monterosi che domenica sfiderà le Aquile: "Da Mazzone tanti insegnamenti. Ceravolo un presidente attento e passionale"

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    Quello stadio, quei volti, quella passione che non trovava sfogo sui social ma esplodeva puntualmente ogni domenica sulle gradinate, in un ribollire vorticoso di voci e di colori. E poi quella terra: bella e luminosa come il sole, accogliente ed aperta come il suo mare. Leonardo Menichini ricorda tutto del suo passato a Catanzaro: le pagine storiche scritte con i compagni di squadra sul finire dei settanta e quel miracolo sportivo chiamato serie A costruito davanti agli occhi dell’Italia intera, con la spinta di tutta una regione ed anche dell’intero meridione alle spalle. Quarantuno anni sono passati dall’ultima volta da calciatore in campionato – contro l’Inter, nel maggio 1981 – sette invece dalla prima nelle vesti di allenatore – alla guida della Salernitana, nel 2015; domenica, con il Monterosi, un nuovo capitolo. E sarà un po’ come tornare a casa.

    «DOMENICHE DI FESTA» – «Ricordare i vecchi tempi fa sempre piacere – dice oggi, da ex, a marcia d’avvicinamento al match già iniziata – L’immagine che conservo è quella di uno stadio pieno di tifosi e di colore: ogni partita era una festa ed il fatto che venisse gente da tutta la Calabria per vederci ci riempiva d’orgoglio. Affrontavamo le grandi e riuscivamo anche a batterle. Le gare che più restano impresse sono quelle con la Roma, un anno superata sia all’andata che al ritorno». Sulla schiena, all’epoca, Menichini aveva il numero sei, lo stadio si chiamava ancora “Militare”, Mazzone prima e Burgnich poi sedevano in panchina ed alla testa del club c’erano personaggi leggendari come Ceravolo e Merlo.

    «MAZZONE E CERAVOLO, GRAZIE» – «Li ricordo tutti con gratitudine e grandissimo piacere – dice Menichini – Di Mazzone porto dietro tanti insegnamenti e pagine indelebili essendo stato anche suo collaboratore da tecnico, di Burgnich la sua grinta e l’infinita tenacia sul campo. Ceravolo era un presidente attento ai bilanci ma profondamente passionale, stesso discorso anche per Merlo che ho vissuto di meno – solo una stagione – ma che ha condotto le aquile a campionati ugualmente importanti». La forza vera di quella squadra fantastica era il gruppo. E l’ex difensore lo conferma citando ad esempio la forte amicizia ancora in essere – «Con Nicolini soprattutto ma anche Orazi, Sabatini e Palanca…» – e la semplicità dei tempi andati: «Vivevamo in un ambiente molto più ovattato ma quando si scendeva in campo si riusciva a tirare sempre fuori il meglio di noi stessi».

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